BALLATOI TERMINALI E MODELLINI DI NURAGHI MAI ESISTITI
Nel quadro generale di assurdità e di ridicolaggini relative alla civiltà nuragica tracciato da alcuni archeologi, ad iniziare da Antonio Taramelli fino a qualcuno vivente – quadro che è perfino offensivo per la intelligenza di noi Sardi – entrano anche la storiella del «ballatoio o terrazzino terminale» che avrebbero avuto i nuraghi e la storiella dei «modellini di nuraghi». Purtroppo non c’è opera o studio, sia che aspiri ad essere scientifico sia che abbia un intento di divulgazione, che non presenti i nuraghi col ballatoio terminale, come quello delle torri medioevali e post-medioevali. Ed invece questi “ballatoi” e quei “modellini” non esistono affatto e non sono esistiti mai.
I supposti “ballatoi”
L’archeologo che ha scavato il Nuraxi di Barumini ha ritenuto di poter affermare l’esistenza del ballatoio terminale nel grande nuraghe in base al ritrovamento, non in situ, ma sparsi nel terreno, di lunghi massi che egli ha considerato “mensoloni”, i quali appunto avrebbero sostenuto il “ballatoio” terminale dell’imponente edificio.
Egli ha pure disegnato quella che sarebbe stata la posizione originaria di quei mensoloni, ma purtroppo in una maniera tale che è chiaramente contraria alle leggi della statica. Sul piano funzionale egli ha sostenuto che il ballatoio serviva ai guerrieri assediati nella supposta grande fortezza, a far sì che i massi scaraventati sui nemici cadessero a perpendicolo su di essi (quasi che rimbalzando sulla muraglia inclinata non potessero essere altrettanto dannosi!).
Senonché nessun nuraghe ha mai avuto un “terrazzino o ballatoio terminale”, per il fatto essenziale che lo impediva la tecnica costruttiva di allora, fondata sull’uso esclusivo della “pietra”, per di più senza l’uso di alcuna malta.
Si deve considerare che la costruzione dei ballatoi terminali degli antichi campanili, torri e castelli è stata possibile solamente dopo l’uso di mattoni cotti, cementati da malte molto resistenti. Però nessuno studioso ha mai affermato e tanto meno dimostrato che i nuraghi avessero sulla cima ballatoi costruiti con mattoni e cementati con una qualsiasi malta.
Questa “favola” dei ballatoi terminali dei nuraghi, messa in bella mostra dai cartelloni esplicativi di nuraghi monumentali e dei nostri musei e dai pieghevoli pubblicitari ad uso dei turisti, è partita – come dicevo poco fa – dal ritrovamento, ai piedi prima del Nuraxi di Barumini e dopo di numerosi altri nuraghi, di “mensoloni” che avrebbero per l’appunto avuto la funzione di sorreggere quei “ballatoi”.
Io però avevo pubblicato, già nel 1970 e poi di recente nel 2006, le fotografie di mensoloni situati ancora in situ, sulla cima dei Tresnuraches di Nùoro e del nuraghe Albucciu di Arzachena, i quali risultano separati l’uno dall’altro e intervallati, in una posizione che non ha alcuna funzionalità pratica, mentre mostra di averne una semplicemente decorativa, esattamente come fanno i mensoloni che si trovano sulla cima delle torri dell’Elefante e di san Pancrazio di Cagliari e del Castello dei Malaspina di Bosa (M. Pittau, La Sardegna Nuragica, Cagliari 2006, Edizioni della Torre, pagg. 64, 65; M. Pittau, Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monti Prama, Sassari 2009, II ediz., EDES, pag. 16).
A questi esempi sono oggi in grado di aggiungere le fotografie di un nuraghe dei monti di Baunei, che mi sono state fornite da un mio amico del luogo:
Insomma i mensoloni terminali dei nuraghi in effetti determinavano e costituivano una “corona radiata” con funzione decorativa dell’edificio. Ma oltre che funzione decorativa i mensoloni del Nuraxi di Barumini e di altri numerosi nuraghi potevano forse avere una funzione simbolico-religiosa, indicante i raggi del Sole, divinità che indubbiamente anche i Nuragici adoravano.
I supposti “modellini di nuraghe”
Dei “modellini di nuraghe” per il vero si faceva un gran parlare da molto tempo, ma il loro entrare prepotente nelle discussioni è venuto dopo che – finalmente – sono stati effettuati un po’ di scavi nel sito dove sono stati trovati gli ormai famosi Guerrieri di Monti Prama. Uno degli archeologi che hanno effettuato gli scavi ha ritenuto di aver trovati ben 8 modelli di “nuraghi complessi” e poi altri 13 modellini di “nuraghi singoli”. Per il vero egli ha manifestato una notevole difficoltà quando ha tentato di metter su una spiegazione di questi troppo numerosi “modelli e modellini di nuraghi”, ma soprattutto è caduto nell’errore di interpretare un elemento conico che sta sulla cima di questi “modellini” come «la copertura della scala di accesso al terrazzo superiore».
Ma di che materiale sarebbe stata fatta questa “copertura della scala”? forse di plexi-glas? E quale riscontro archeologico è stato mai trovato per essa? Perché quell’elemento conico o cupoletta risulta al centro della cima del “modellino” e non decentrata, come decentrata risulta essere sempre la scala di tutti i nuraghi?
In realtà i supposti 8 modelli di nuraghi complessi non sono altro – come è stato giustamente detto da un altro archeologo – che “basi di colonne” e “capitelli” del tempio ivi esistente.
E nemmeno le altre 13 statuette, alte una trentina di centimetri, sono “modellini di nuraghe”, I) perché risultano troppo alte e sottili, II) perché la loro cima non indica affatto il “ballatoio” dei nuraghi, che non è esistito in nessun nuraghe, III) perché non portano alcun segno per indicare un elemento architettonico indispensabile, l’”ingresso”; IV) alte come sono avrebbero dovuto avere anche un segno di qualche finestrone, come di fatto si constata in alcuni nuraghi piuttosto alti.
In realtà le 13 statuette di Monti Prama non sono altro che miniature di “lucerne” o di “candelabri”, la cui cupoletta finale indica la fiamma accesa.
Si deve considerare con attenzione che la presenza di lucerne o candelabri in miniatura nel sito di Monti Prama ha una sua esatta motivazione nel fatto che erano in un sito sacrale e precisamente in un tempio dedicato al Sardus Pater. Invece eventuali “modellini di nuraghe” quale mai motivazione potevano avere nel tempio e, più in generale, in qualsiasi altro sito? Che senso aveva e quale spiegazione aveva la fabbricazione di molti “modellini di nuraghe” in generale? Nella sala delle riunioni del nuraghe di Palmavera di Alghero la presenza di un altare a forma di coppa o calice ha un senso in vista delle importanti decisioni politico-religiose che vi si prendevano, mentre la presenza di un “grande modello di nuraghe” – come è stato comicamente detto e scritto – non ha alcun senso né alcuna spiegazione.
E pure grandemente errata è la spiegazione che è stata data e corre in giro del cosiddetto “Modellino di Olmedo”. Questo non era affatto il modellino in bronzo di un nuraghe quadrilobato, I) perché i suoi 5 bracci risultano troppo alti e sottili, II) perché la loro cima non indica affatto il “ballatoio” dei nuraghi, che non è esistito in nessun nuraghe, III) perché non portano alcun segno, in quella che dovrebbe essere la lunga cerchia muraria, per indicare un elemento architettonico indispensabile, l’”ingresso”; IV) alti come sono i 5 bracci e soprattutto quello centrale avrebbero dovuto avere anche il segno di qualche finestrone nella loro muraglia e invece non ne hanno alcuno.
E le stesse identiche obiezioni muovo per il bronzetto di Ittireddu, anch’esso erroneamente interpretato come “modellino di nuraghe”.
Invece, a mio giudizio, anche quelli di Olmedo e di Ittireddu non sono altro che il modellino di una lucerna, una “lucerna plurima” a 5 bracci o becchi, analoga ad una plurima di terracotta che è stata trovata a Sant’Antioco. Ed anche a questo proposito vale la importante considerazione or ora fatta: nelle caratteristiche di sacralità che valeva per tutti i bronzetti nuragici – dato che costituivano tutti altrettanti doni fatti alle varie divinità – la riproduzione di una lucerna plurima si spiega perfettamente, la riproduzione di un nuraghe plurimo o polilobato non trova alcuna spiegazione.
È verosimile che queste due lucerne plurime implichino anche una “simbologia cosmica”, come ha scritto il mio amico architetto Franco Laner: i bracci dei quattro spigoli rappresenterebbero i quattro punti cardinali, mentre il braccio centrale rappresenterebbe la dimensione verticale dell’alto e del basso.
In proposito è da ricordare che questa medesima simbologia probabilmente esisteva anche nella cosiddetta “Tomba di Porsenna” di Chiusi, in Etruria.
La “favola” del ballatoio terminale dei nuraghi è entrata anche nella fabbricazione del cosiddetto “modellino di nuraghe quadrilobato di San Sperate”, in pietra arenaria giallo-rosa, esposto in bella evidenza nel Museo di Cagliari, che io di recente ho dimostrato essere nient’altro che un grossolano ed anche ridicolo “falso”. Che di falso si tratti, scolpito da qualcuno che quasi certamente si potrebbe riconoscere dalle carte che riguardano l’acquisizione dell’oggetto da parte della Soprintendenza Archeologica di Cagliari, è dimostrato chiaramente da alcuni fatti, ma soprattutto da due particolari: I) Il supposto modello di nuraghe presenta un “porticato” che costituirebbe la base dell’edificio; 2) Il muro dei quattro torrioni presenta nella sua parte finale una “rientranza circolare”. Senonché si tratta di due particolari costruttivi che da un lato non si ritrovano in nessun nuraghe reale, dall’altro avrebbero impedito la prosecuzione della costruzione del nuraghe stesso, il quale sarebbe crollato subito, con la messa in opera dei successivi cerchi di massi.
Infine l’oggetto sembra appena uscito dall’officina di uno scultore (e ben a ragione!), dato che presenta molti spigoli della pietra ancora vivi ed intatti.
Massimo Pittau