INTERPRETAZIONE ALCHEMICA DEL VANGELO
INTERPRETAZIONE ALCHEMICA DEL VANGELO
Qual è lo scopo dell’alchimista? In un primo impeto viene da rispondere che l’intento di una vita di lavoro e di studi sia finalizzato alla creazione della pietra filosofale che, permettendo la trasformazione del piombo in oro e la creazione dell’elisir di lunga vita, permetterebbe di vivere in eterno senza problemi economici. Senz’altro questa motivazione spinse molte persone a cimentarsi inutilmente in quest’Arte, sperando di raggiungere il fine ultimo.
Invece questo è solo uno dei motivi che spingono l’alchimista nella sua opera, anzi più che una finalità è una conseguenza delle proprie fatiche. Il vero studioso dell’Arte vuole conoscere i meccanismi che hanno portato alla creazione dell’universo, in quanto manifestazione tangibile della Divinità, e unirsi fisicamente, mentalmente e spiritualmente con essa. Per fare ciò partirà dal lavoro sulla materia grezza, fino ad arrivare gradualmente allo Spirito. Questo lo porterà a fruire dei tre privilegi che guadagna chi raggiunge lo scopo supremo: ricchezza materiale, salute e immortalità.
Per trovare le istruzioni che lo guidino nel suo Lavoro, dovrà consultare testi incomprensibili alle persone che non hanno avuto una preparazione specifica, tentando di decifrarne il significato. Inoltre prenderà spunto dalla natura con i suoi fenomeni. Infatti molti alchimisti, osservando le manifestazioni naturali, furono matematici o scienziati che posero le basi della scienza moderna, uno per tutti Isaac Newton, che ci ha lasciato una quantità di scritti alchemici notevolmente superiore rispetto ai suoi trattati scientifici. Egli praticò operativamente per molti anni, tant’è che nelle sue ossa, analizzate recentemente, sono state riscontrate elevate quantità di mercurio, a dimostrazione del fatto che, durante i suoi esperimenti alchemici nel proprio laboratorio, ne aspirò i vapori per lungo tempo.
Anche osservare la spirale di una conchiglia può essere fonte di ispirazione per un alchimista: in quel disegno che la natura crea inconsapevolmente, ottenuto con le precise proporzioni matematiche della successione di Fibonacci, c’è il movimento del creato, dalla crescita dei tronchi degli alberi giovani alla forma della galassie, dalla formazione dei cicloni alla crescita dei capelli nei neonati.
Ma l’alchimista consulta soprattutto i libri sacri, che analizza per arrivare a comprendere la santità che permea la materia e che, una volta trovata la chiave per interagire col Creato, lo aiuta nelle sue fatiche.
Uno dei testi che vengono interpretati metaforicamente, è il Vangelo. Senza togliere nulla al messaggio religioso che vi è contenuto, i riferimenti alle fasi della trasformazione, dalla materia grezza alla pietra filosofale, sono molteplici. La materia che, dallo stato primigenio, raggiunge la perfezione sublimandosi nelle varie fasi, nel Nuovo Testamento è personificata dallo stesso Gesù.
Andiamo ad esaminare le varie fasi del racconto della vita di Cristo, metaforicamente interpretata dal punto di vista dell’Alchimia.
L’ANNUNCIAZIONE
L’arcangelo Gabriele appare a Maria annunciandole la gravidanza. Alchimisticamente la Madonna, che incarna il principio femminile, rappresenta la terra che viene fecondata dal cielo (il principio maschile), impersonato in questo caso dallo Spirito Santo. E’ la “Dea Madre” delle culture preistoriche, quella che origina la vita. Infatti mater ha la stessa radice di materia.
Le cosiddette “Madonne Nere” che troviamo praticamente in tutta l’Europa, non sono originariamente cristiane, ma derivano da quelle celtiche. Per esempio nella Cattedrale di Chartres, vero libro in pietra di nozioni alchemiche, la statua nera della Madonna, in legno d’olivo, è la riproduzione di una divinità celtica, seduta su un trono e con un bambino in grembo, che fu distrutta durante la rivoluzione francese. Tale divinità fu rinvenuta durante gli scavi per costruire le fondamenta della cattedrale, quando furono riportati alla luce i resti di un tempio celtico, nel quale era originariamente situata la statua.
Il nero è il simbolo della terra ubertosa, come nera è la materia che l’alchimista prepara come punto di partenza per il suo lavoro. D’altronde una delle tante possibili origini della parola alchimia deriverebbe dall’antico egiziano “al chemia”, “terra nera”, la materia primordiale, prendendo spunto dallo scuro limo che si depositava sui campi dopo le piene del Nilo, rendendoli fertili.
Dal legame dei due elementi opposti del cielo e della terra, nasce la terza forza, la più completa in quanto possiede le caratteristiche sia del maschile che del femminile. Se cerchiamo analogie con altre culture ne troviamo, per esempio, nel simbolo del Tao, dove il nero (yin) rappresenta la terra, femminile, ricettiva, passiva, negativa; invece il bianco (yang) simboleggia il cielo, maschile, espansivo, attivo, positivo. Dall’unione di queste due forze nasce il figlio, infatti ci dice il “Tao te ching” che dall’uno nasce il due, dal due il tre, dal tre le diecimila cose, a confermare che il tre ha in sé la potenza di entrambe le forze e può così creare l’universo. Nell’alchimia il figlio delle due energie considerate precedentemente, è personificato dall’androgino alchemico, un essere con due teste, una maschile e l’altra femminile che si uniscono in un unico corpo che ha entrambe le caratteristiche sessuali, tant’è che è simbolicamente rappresentato dalla lettera Y, che rappresenta le due forze che si uniscono alla base in una sola.
Il tre col suo significato creativo, lo vediamo simboleggiato nella svastica celtica a tre bracci spiraliformi, il triskal, i quali manifestano col loro movimento l’energia del maschile, del femminile e della creazione originata dalla loro unione, lo stesso dicasi per il tomoe della trinità shintoista.
Entrambi questi esempi sono inscritti, come nel simbolo del Tao, all’interno di un cerchio che non ha solo una funzione grafica di “contenitore”, ma rappresenta l’universo che tutto racchiude, manifestando l’Assoluto oltre i poli opposti, “al di là del Bene e del Male”.
LA NASCITA
La nascita di Gesù avviene a Betlemme. Il significato di questa parola è “la casa del pane”. Quindi il toponimo preannuncia che il neonato diventerà nutrimento per il corpo e lo spirito, come lo è la pietra filosofale. Per di più è deposto in una mangiatoia, a voler sottolineare il suo significato edule.
LA GROTTA
Nel presepe, la nascita avviene in una stalla o in una grotta. Quale delle due versioni è quella vera? Probabilmente entrambe, in quanto le case di allora spesso erano costruite addossate a pareti di roccia, nella quale era scavato un ambiente che fungeva da stalla.
La materia alchemica, all’inizio del processo di lavorazione, è quanto di più lontano dalla luce si possa immaginare, tanto da essere definita nei testi ermetici “nero più nero del nero”. E cosa c’è di più scuro del luogo e del tempo che vide la nascita del bambino Gesù? Siamo in inverno, nei giorni meno soleggiati dell’anno, di notte, nel buio di una grotta. Questa interpretazione è propria del folclore cattolico, poiché sappiamo bene che il giorno della nascita fu arbitrariamente stabilito da Costantino, che lo fece sovrapporre alla festa del Sol Invictus che si celebrava il 21 dicembre, quando il sole inizia ad aumentare di giorno in giorno la sua presenza nel cielo.
In questa ambientazione abbiamo la manifestazione materiale dell’acronimo VITRIOL: Visita Interiora Terrae, Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem (visita l’interno della terra, e correggendo troverai la pietra nascosta).
La terra è la Madre primordiale di tutti gli esseri viventi, infatti in latino homo ha la stessa radice di humus, a significare che l’essere umano è stato creato dalla terra. Sorge spontaneo il confronto con Adamo nella Genesi.
Nel medioevo, l’unione dei due elementi, il cielo e la terra, era personificata dal grifone che, essendo formato nella metà inferiore dal corpo di leone e in quella superiore da quello di aquila, rappresentava l’unione della forza della terra-materia unita a quella del cielo-spirito. Questo mostro mitologico simboleggiava dunque Cristo con la sua doppia natura umana e divina. Lo stesso Dante, ne tratta nel Purgatorio, Canto XXIX, dove il grifone-Gesù traina il carro trionfale della Chiesa.
Quindi la grotta rappresenta l’utero della terra, nella quale si genera la Luce.
LA STELLA
Il luogo della nascita è segnalato da una stella che, dopo un lungo peregrinare nel cielo, si posò sopra la grotta della natività.
Una stella fiammeggiante si dice che appaia all’alchimista quando questi ha raggiunto il suo obiettivo; a questo proposito esiste un’incisione di Rembrandt che rappresenta una stella che appare allo studioso nel suo laboratorio.
La stella indica il momento in cui avviene la separazione del nero dal bianco, la successiva fase del lavoro e quindi l’inizio della creazione microcosmica. Simbolicamente Gesù rappresenta, quindi, la luce che nasce dalle tenebre.
I pastori, presenti nei campi quella notte, vedendo la stella la seguono. Diventa quindi il loro astro, che per antonomasia è il pianeta Venere che brilla prima dell’alba, quando i pastori portano le pecore al pascolo. Venere anticipa la luce del giorno, e così Gesù diventa un “Portatore di luce”. Con lo stesso nome, Lucifero, era stato designato l’angelo ribelle prima che fosse precipitato all’inferno e gli venisse cambiato il nome in Satana.
I RE MAGI
Arrivano dall’oriente, cioè da dove sorge il sole (e già questo ha un significato importante) e la tradizione ci dice che ognuno di loro porta un dono, con un preciso significato esoterico.
L’oro: nel linguaggio alchemico rappresenta la materia che ha raggiunto la sua massima evoluzione, e cioè il metallo che dal più grossolano, il piombo, si è trasformato nel più perfetto, simboleggiando il passaggio dalla materia grezza a quella sublimata nello spirito.
L’incenso: il fumo profumato che si eleva in cielo, rappresenta lo spirito di Cristo che sale al Padre e anche qui, allegoricamente, abbiamo l’innalzarsi della materia, già purificata col fuoco, trasformata nella sua dimensione spirituale, che si innalza in cielo.
La mirra: è la pianta in cui fu trasformato il personaggio che ne porta il nome e che “arse d’Amore per il Padre” (l’Amore che Gesù porta al Padre). Ecco la sua storia: Mirra, o Smyrma, era la figlia unica del re assiro Teia. Fu punita da Afrodite perché non le era sufficientemente devota, la quale per vendicarsi, la fece innamorare del padre. Grazie alla complicità della nutrice, Mirra riesce a giacere per dodici notti consecutive, al buio, con Teia. Questi, l’ultima notte, desiderandola vedere in volto, accese un lume e, scoperto l’inganno, la inseguì per ucciderla, in preda all’ira. Lei fuggì supplicando gli déi di renderla invisibile. Fu accontentata e trasformata in un albero, la cui resina profumata appunto prese il suo nome. Passati nove mesi, il tronco dell’albero si aprì e nacque il bellissimo Adone. Diventato adulto, fu ucciso da un cinghiale mentre cacciava nel bosco e dal suo sangue, germogliarono gli anemoni. Adone, associato all’inizio della primavera, rappresenta la morte e la risurrezione. Infatti era la diretta trasposizione della divinità mesopotamica Tammuz, legato al ciclo delle stagioni, il cui appellativo Adon, che significa signore, verrà successivamente utilizzato dai Greci come nome proprio del dio. La mirra simboleggia quindi la morte e resurrezione di Gesù.
IL BATTESIMO
Il battesimo avviene nel fiume Giordano. Giovanni comunica ai suoi discepoli, che mentre lui battezza con l’acqua, Gesù battezzerà col fuoco. Qui si parla dei due principi cosmici, tradizionalmente rappresentati da due metalli nobili: il primo è l’argento che origina l’acqua (femminile), raffigurata nella simbologia alchemica con un triangolo col vertice rivolto in basso, a significare il principio cosmico che discende sulla terra (come la pioggia); invece il secondo è l’oro (maschile) che origina il fuoco, simboleggiato da un triangolo che ha il vertice rivolto in alto, per il principio cosmico che dalla terra sale al cielo (il calore). La sovrapposizione di questi due simboli forma la stella a sei punte, il Sigillo di Salomone.
Nel rito del battesimo tutt’ora sono presenti entrambi gli elementi: l’acqua del fonte battesimale e il fuoco del cero, entrambi benedetti il giorno di Pasqua, appunto il giorno della risurrezione.
L’acqua simboleggia universalmente la fecondità e la fertilità.
LA VESTE
La tunica di Gesù è tradizionalmente bianca, simbolo di purezza, benchè non si parli da nessuna parte, nelle Sacre Scritture, del colore della veste di Cristo.
Come abbiamo già visto, il bianco in alchimia è la seconda fase del lavoro dell’alchimista, quella della purificazione della materia di partenza, che è nera. In seguito il bianco diverrà energia e il colore che la rappresenterà sarà il rosso, come la veste di Gesù dopo la resurrezione, secondo l’iconografia bizantina e successivamente cattolica. Da notare che anche la Madonna, nei dipinti che la rappresentano durante l’ascensione, ha la veste rossa, simbolo dell’energia divina che s’innalza in Cielo. Il rosso è anche il colore della maestà, infatti già dal tempo dei romani era usato per le vesti dell’imperatore e, nei secoli seguenti, dei re.
L’ULTIMA CENA
In questo episodio della vita di Gesù, abbiamo la parte finale del Lavoro dell’alchimista. La mensa rappresenta il tavolo del laboratorio, mentre il vino e il pane rappresentano rispettivamente le due principali vie della ricerca alchemica: la via umida, che adopera sostanze liquide trattate all’interno di alambicchi con un calore moderato, e quella secca, dove invece si fa uso del crogiolo su fuoco a temperatura elevata.
Per arrivare al risultato finale, l’alchimista deve essere in sintonia con le forze del cielo, rappresentate dai dodici segni zodiacali, lo stesso numero degli apostoli. Non è una coincidenza se anche i cavalieri di re Artù furono dodici, impegnati nella ricerca del Sacro Graal, la coppa dell’ultima cena che servì a Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue delle ferite e l’acqua scaturita dal costato del Crocifisso, trafitto dalla lancia di Longino.
LA TRANSUSTANZIAZIONE
Rappresenta la trasmutazione alchemica, che si può ottenere sia con la via umida che è rappresentata dal vino, sia con la via secca, simboleggiata dal pane.
Come in ciascun pezzetto dell’ostia è racchiuso il corpo di Cristo, così è nella pietra filosofale, dove la più piccola parte ne racchiude comunque tutta la potenza.
A questo proposito voglio citare un episodio che capitò al filosofo Spinoza. Un giorno gli si presentò un uomo vestito come un eremita. Questi era a conoscenza dello scetticismo nutrito dal filosofo per l’alchimia. Allora il viandante gli diede un sassolino di una sostanza vetrosa, rossa come un rubino, fornendogli le istruzioni per trasformare una certa quantità di piombo in oro, tramite quella pietra. Spinoza obbiettò che gli sembrava poca la quantità di quel minerale sconosciuto, in proporzione al quantitativo di piombo da trasformare. Allora l’uomo lo spezzò in due, e gliene diede una parte ancora più piccola, a significare che non era la dimensione a creare il risultato, ma l’energia contenuta nella pietra. Fatto questo, l’uomo se ne andò. Il filosofo si mise al lavoro e fuse in un crogiolo la quantità di piombo che gli aveva indicato lo sconosciuto, vi fece cadere dentro la scheggia e istantaneamente il piombo si tramutò in oro. Lo fece analizzare e gli fu detto che si trattava di oro purissimo.
LA CROCE
Nella simbologia alchemica, il crogiolo è simboleggiato da una croce. Come si sa, esso è un contenitore utilizzato per contenere la materia, già precedentemente purificata, da raffinare ulteriormente col calore del fuoco. Alla fine del Lavoro, essa si trasforma. In questo caso il corpo di Gesù, la sua parte umana, muore sulla croce per dare il suo Spirito, come la materia muore nel crogiolo per trasformarsi in pietra filosofale.
A questo proposito l’acrostico INRI, col significato di Iesus Nazarenus Rex Iudeorum, apposto dai romani sulla croce per ridicolizzare il crocifisso, per gli alchimisti invece ha il seguente significato: Ignis Natura Renovatur Integra, e cioè: la natura si rinnova totalmente per mezzo del fuoco; chiaramente si fa riferimento al fuoco spirituale, la Vita-vibrazione che permea il Creato, minerali compresi.
L’alchimista, per estrarre dalla pietra grezza lo spirito, deve compiere tre operazioni, simboleggiate da tre punte che possono essere rappresentate dal tridente di Poseidone, da tre frecce o, in questo caso, dai tre chiodi che crocifissero Gesù. Infine dalla materia grezza viene fatta sgorgare l’acqua bianca e pura, metaforicamente il liquido che uscì dal costato del Cristo per mezzo della lancia di Longino.
La croce, con la sua forma, è un altro riferimento simbolico all’unione del cielo con la terra, rispettivamente l’intersezione del verticale con l’orizzontale.
Inoltre simboleggia coi suoi bracci i quattro elementi, nello specifico: il braccio in alto il Fuoco, quello in basso la Terra, quello di destra l’Aria e quello di sinistra l’Acqua. I bracci, e quindi i quattro elementi, si originano dalla Quintessenza, che è un punto immateriale situato al centro della croce. In ogni tradizione esoterica del mondo, questo punto è un vuoto creativo che riveste un’importanza notevole: è l’etere primo, lo zero della carta dei tarocchi (il Bagatto, il personaggio che ha la funzione di creare), l’ein sof della cabala mentre, dal punto di vista astronomico, è il buco nero al centro della galassia, dove tutta la materia cosmica si riversa per essere, forse, trasformata ed espulsa nella creazione di un altro universo.
A questo proposito mi sia permessa un’ulteriore digressione: Tesla, il geniale scienziato serbo, in contrapposizione con la teoria della relatività di Einstein, teorizzava alla fine degli anni trenta del secolo scorso, che la Terra fosse attraversata da onde trasversali e longitudinali che, compenetrandosi, generavano il campo magnetico gravitazionale che poteva essere annullato o respinto manipolando queste forze. Unendo questi due tipi di onde otteniamo la croce.
Nelle illustrazioni inserite nei testi alchemici, spesso su una croce è rappresentato un serpente inchiodato al legno, al posto del Cristo. Lungi dall’avere un significato blasfemo, è il simbolo della forza curativa dell’elisir mercuriale, poiché il serpente è considerato una potente forza naturale che cura il mondo intero come un balsamo salino. Ma per essere efficace, il suo corpo materiale deve essere fatto a pezzi per eliminare la parte salina e, successivamente, il suo spirito volatile deve essere fissato alla croce con un chiodo d’oro, a quanto ci dice A. Eleazar, nella sua opera Uraltes chemisches Werk, stampata a Leipzig nel 1760. Ecco perché l’Ostia sacrificale della Messa non deve contenere il sale, elemento terrestre per eccellenza.
Un’altra interpretazione dell’esempio di cui sopra, vede nella croce lo zolfo e nel serpente il mercurio, le due essenze primordiali che si trovano miscelate, con diverse gradazioni, in ogni materiale. Paracelso aggiunse poi una terza sostanza, il sale, che costituisce la tangibilità: quando il legno brucia, la fiamma prende origine dallo zolfo che è al suo interno, successivamente dal legno evapora il mercurio; resta la cenere che è il sale. Naturalmente non stiamo parlando dei normali elementi chimici, ma di forze che in alchimia vengono simbolicamente definite coi nomi di quelle sostanze chimiche.
Nicolas Flamel volle iI serpente crocifisso inciso sulla sua tomba che, per altro, non ha mai ospitato il suo corpo, come si scoprì durante la Rivoluzione Francese quando, in nome della Dea Ragione, la furia iconoclasta dei rivoluzionari fu la causa della distruzione del suo sepolcro, che trovarono vuoto, contribuendo così ad alimentare la leggenda della sua immortalità, raggiunta grazie alla pietra filosofale.
LA MORTE
Lungi dall’essere la fine dell’esistenza, ne è solo una fase. E’ questo il significato della frase di Gesù riportata nel Vangelo di Giovanni: “se il chicco di grano, caduto nella terra, non è morto, esso rimane solo; se invece è morto produce molto frutto.”
Il corpo decomponendosi si rigenera nella natura, mentre lo spirito dell’uomo, la fiamma che tiene vivo il corpo, ritorna allo Spirito Divino mentre l’anima, che è la nostra vera “persona”, accede ad altre esistenze. Gesù, con la sua morte e risurrezione, riesce a unificare queste tre parti apparentemente separate, le perfeziona e le rende immortali.
LA RESURREZIONE
Dal sepolcro buio, Gesù esce alla luce del giorno, come dalla materia grezza viene alla luce la pietra filosofale. Nuovamente, come per la nascita nella grotta, torna alla mente l’acrostico VITRIOL, e cioè “visitando l’interno della terra troverai la pietra nascosta”. E infatti il Cristo risorto è iconograficamente rappresentato nei dipinti con una tunica rossa, simbolo dell’energia che scaturisce dalla materia e ultima fase dell’Opera: la creazione della pietra filosofale.
San Paolo, ne “I Corinzi” 10:4, scrive:
“E tutti bevvero la medesima bevanda spirituale, perché bevevano dalla roccia spirituale che li seguiva; e quella roccia è il Messia”.
Gli alchimisti interpretano questo passo come un’ulteriore allusione al ruolo di Gesù come incarnazione della pietra filosofale e dell’elisir di lunga vita.
Molti sono i racconti iniziatici dove si parla di sepolcri che custodivano dei maestri coi loro segreti, per esempio Hermes o Christian Rosenkreutz, e chi li trovava usava le conoscenze che nascondevano serbandole gelosamente per sé, senza trasmetterle ad altri, in quanto il sapere appreso poteva, nelle mani sbagliate, essere pericoloso per l’umanità.
La grandezza di Cristo consiste nell’azione contraria: è Lui che risorge dal sepolcro andando incontro alla gente, per donarsi a tutti e trasmettere il Suo messaggio di evoluzione spirituale.
Salve
Molto, molto interessante.
Solo una cosa, secondo me Gesù rappresenta l’anima nuova che essenzialmente è Luce…non lo vedo come il “portatore” il quale sempre secondo il mio parere altro non è che l’adepto quando diventa consapevole di essere il portatore dell’Immagine Divina.
Un caro saluto
e grazie.